Chi troppo in alto sal, cade sovente precipitevolissimevolmente. Abbiamo scelto la parola più lunga della lingua italiana per ripercorrere in una sola frase gli ultimi anni di fasti e nefasti, del Calcio Catania. Dalla zona Champions sfiorata al deragliamento dei “Treni del Gol”, dalle retrocessioni…in serie, all’eterno pernottamento in questa locanda a una stella chiamata “Lega Pro”.
Chi raggiunge l’apice sovente sprofonda, precipita, ma è innegabile che per ragioni fisiche, ancor prima che di ciclica risalita sportiva, prima o dopo debba rifiorire. Il Catania, allo stato attuale, ha toccato il fondo. Tra rigori sbagliati, infortuni di massa, prestazioni globali sotto tono e individuali proprio da requiem, i rossazzurri sembrano aver dato tutto quello che avevano in termini tecnici, atletici e caratteriali. Beh, troppo poco.
Ora verremo puntualmente tacciati di qualunquismo, scarsa propensione alle indagini giornalistiche, incapacità di fornire una data che nemmeno Tacopina, SIGI, Comune di Mascalucia e Agenzia delle Entrate conoscono. Ma fermiamoci un attimo a riflettere. Cos’altro possiamo auspicare? Al di là della riconferma o meno di Raffaele, di cui si chiede la testa come detta la consuetudine di una faciloneria e, talvolta, di un’ingiustizia che dà sui nervi ma che non può essere criticata, non si possono esonerare 25 giocatori per cui se esiste un modo per dare una scossa all’ambiente, il fulmine colpisce e colpirà sempre il tecnico che non è esente da colpe, sia chiaro, ma che non può essere additato come unico reo dello scempio caratteriale a cui abbiamo assistito.
Perché a una squadra si possono perdonare tre rigori falliti, capacità di resuscitare squadre avversarie che non vedevano i tre punti dalla notte dei tempi, persino una sconfitta nel derby (anche se qui occorre una dose di magnanimità più unica che rara), ma l’indulgenza sparisce sotto i colpi inferti dalla mancanza di uno spirito combattivo che da sempre ha contraddistinto i proverbiali “undici leoni” che prima di scendere in campo e aggredire la sfera devono ruggire all’avversario anche solo attraverso lo sguardo famelico di chi non ci sta a perdere e, se lo fa, esce fuori dall’arena con onore, ferito, malconcio ma soddisfatto.
I tifosi hanno gli occhi innamorati, di un amore sincero, puro, capace di raggiungere vette stratosferiche ma, nel contempo, di lasciare che l’altro/a sprofondi negli abissi. Precipitevolissimevolmente.
(Fonte Immagine: CalcioCatania.it)