Torna la consueta rubrica settimanale curata dal dottor Michele Torrisi: “Lo Psicologo Rossazzurro”. Quante volte abbiamo attribuito al “fattore psicologico” una sconfitta? E quante altre abbiamo additato l’allenatore di turno per un atteggiamento troppo rinunciatario in campo dovuto “all’approccio psicologico” alla gara? Per non parlare di quei giocatori, lungodegenti, che tornano in campo dopo mesi di infortunio e giocano col freno a mano tirato per timore di recidive.
Altri, poi, senza una apparente motivazione valida, giustificata da guai muscolari, tendinei o quant’altro, spariscono dalla circolazione per diverso tempo e poi tornano in campo ammettendo di aver sofferto di depressione, di stati d’ansia e/o di panico.
Per questo “Catania Mood” ha pensato di introdurre un’interessante analisi psicologica, condotta dallo Psicologo dottor Michele Torrisi, esperto in neuropsicologia e ricercatore sanitario presso IRCCS centro neurolesi “Bonino Pulejo” di Messina, ma catanese DOC e grande tifoso dei colori rossazzurri.
Finalmente il Catania ha centrato una vittoria per di più in trasferta. Sicuramente si tratta di un’iniezione di fiducia assai rilevante. Ma basterà, secondo lei, una sola “puntura” per guarire i mali dei rossazzurri, o la cura e lunga? Quali effetti collaterali potrebbe avere nell’impatto psichico dei giocatori essere costretti a rincorrere la classifica?
“Certamente una singola vittoria non può bastare, I giocatori sanno che affronteranno un campionato di questo tipo in cui arriveranno delle vittorie, alternate a sconfitte, con gioie e dolori. In questo momento le sconfitte sono state più delle vittorie e probabilmente continuerà a essere così, speriamo di no, ma i giocatori sanno benissimo che le vittorie fanno parte di un campionato che sarà inevitabilmente costellato da passi falsi.
Nessuna vittoria rappresenterà una medicina così come nessuna sconfitta una condanna. I giocatori rossazzurri sanno bene che andranno incontro a una stagione dai risultati altalenanti. L’impatto psicologico può essere negativo dal momento in cui ci si trovi a metà classifica, fuori dai giochi dei play-off e anche dei play-out, priva di obiettivi da perseguire. Ciò potrebbe tradursi in calo motivazionale.
inoltre, giocare contro una squadra allenata da Novellino costituisce un ulteriore ostacolo perché Novellino è andato via da Catania, molto arrabbiato . Quindi sicuramente motiverà la squadra a fare benissimo”.
Un cenno a parte lo merita sicuramente Luca Moro, ragazzo di appena 20 anni che si sta distinguendo non solo per le qualità tecniche ma, nondimeno, per personalità e carisma. Quando Sipos ha esordito con doppietta è stato osannato dalla stampa e, pur offrendo prestazioni all’altezza, non è più andato a segno. In che modo deve intervenire mister Baldini su Moro per favorirne la crescita senza appesantirlo caricandolo di eccessive responsabilità?
“Baldini per evitare di caricare Moro di eccessiva responsabilità non dovrebbe farlo giocare titolare in tutte le partite. Ma a causa delle numerose defezioni e di un centravanti assodato dai 15-20 gol a campionato, si vede costretto a schierarlo. Il Catania in alternativa a Moro ha solo Sipos, quindi il mister non ha molta scelta.
Giocando sempre però rischierebbe di accusare troppo il peso della responsabilità ma devo dire che ripongo molta fiducia in Baldini perché è abituato ad allenare i settori giovanili e sa benissimo cosa passa per la mente di questi ragazzi e come catechizzarli”.
Dottor Torrisi, lei ritiene che il Catania alla luce soprattutto delle recenti prestazioni in campionato con Catanzaro, Turris e Picerno, sia una squadra di personalità nonostante alcuni giovani vengano impiegati sistematicamente o pecca di inesperienza?
“La personalità non c’entra con l’esperienza. Si può avere anche esperienza anche in giovanissima età. E’ un tratto caratteriale e un fattore temperamentale del singolo che, in termini di squadra, può influire sull’intero gruppo. Per manifestarsi però necessita di un motore, di un collante, di un applicatore, realizzando la personalità del gruppo, e la figura preposta è l’allenatore. L’esempio di Moro è calzante in tal senso”.