Catania Mood ha l’onore di ospitare una firma di grido del giornalismo nazionale: Giuseppe La Venia, corrispondente per il Tg1 RAI, che si è formato a Telecolor. E’ partito da Adrano per scalare la montagna del giornalismo, fino a raggiungerne la vetta a suon di poliedricità e indiscusse qualità cronachistiche.
Con Giuseppe La Venia abbiamo parlato del Catania FC, senza soffermarci sul lato tecnico, ma discutendone ad ampio raggio: del Presidente, Rosario Pelligra, che ha conosciuto in occasione di una premiazione a Sant’Alfio, dei progetti della società e del futuro che, secondo il suo infallibile fiuto da giornalista d’assalto, attende i tifosi catanesi.
Grazie Giuseppe di aver accettato il nostro invito, la tua presenza su Catania Mood impreziosisce la nostra redazione. Hai avuto l’opportunità di conoscere il Presidente del Catania, Rosario Pelligra, che idea ti sei fatto del tycoon siculo-australiano? Di cosa avete discusso?
“Ho conosciuto il presidente Pelligra al comune di Sant’Alfio, in occasione di un premio. E’ stata una piacevolissima serata, abbiamo chiacchierato un po’, insieme ad Angelo Scaltriti, capo ufficio stampa del Catania FC e mio fraterno amico. Lo conoscevo già a distanza, dato che sono di Adrano, Catania è sempre nel cuore, quindi sapevo chi fosse, degli investimenti che ha fatto e del legame che lo porta in Sicilia e a Catania in particolare e del campionato che ha regalato lo scorso anno almeno a mezza Sicilia.
Quest’anno non sta andando benissimo, ma l’importante è che ci sia un progetto. Da quanto ho letto e ascoltato nelle sue parole, credo ci sia questo progetto ad ampio raggio. Io ho imparato, con gli anni, che conta il risultato, fare bene in campo, ma il risultato fine a se stesso, senza pensare a dove saremo tra 4-5 anni, a mio avviso, non porta da nessuna parte. Pertanto, sono sicuro che vi sia in prospettiva la crescita dell’intero movimento della prima squadra, fino ad arrivare a quella serie che nemmeno voglio nominare…Però conta anche il settore giovanile, penso ai giovani che non hanno strutture e devono essere pilotati altrove, non sempre in provincia hanno queste opportunità e spero che il Catania divenga catalizzatore per questo movimento e che riesca a schierare in Serie B o in Serie A due-tre giocatori nati e cresciuti in Sicilia, come Mascara, gol bellissimi perché realizzati in maglia rossazzurra ma anche perché è un siciliano, nativo di Caltagirone e cresciuto a Comiso”.
Da catanese e da giornalista: cosa ti aspetti dalla nuova proprietà? E come interpreti questa fase di transizione, tra la promozione in Serie C della scorsa stagione, la finale di Coppa Italia centrata pochi giorni fa e la pericolosa alternanza di risultati in campionato?
“Leggo commenti apocalittici sui social, ormai sono abituato, ma è come stare al bar: anni fa, se la squadra vinceva, si diceva che eravamo da Champions League, se perdeva eravamo da Serie C, si dà un’importanza eccessiva agli sfoghi del lunedì pomeriggio o della domenica seria. Penso che, come in tutte le fasi di transizione, richieda l’arguzia, l’attenzione nel cogliere ciò che dev’essere migliorato. Non sempre le fasi negative sono negative al 100%, insegnano molto, per cui io sono fiducioso che, da un’annata imperfetta, possa nascere qualcosa di importante, anche solo imparare dagli errori commessi.
Voglio aggiungere un aneddoto. In un territorio che ha sofferto, dicevo, è importante il risultato ma anche quello che si restituisce. Nei primi anni 2000, nel Catania di Pulvirenti con Lo Monaco direttore generale, alla vigilia di una partita importante, in Serie B, Lo Monaco porta i giocatori all’ospedale oncologico pediatrico del Cannizzaro. Quando uscirono chiesi a Lo Monaco il perché di questa decisione e lui mi rispose che bisogna sempre ricordarsi di chi sta male, e se possiamo donare un sorriso non dobbiamo mai tirarci indietro. Quando un mese fa Spalletti e Totti si sono chiariti, Spalletti ha dichiarato alla stampa che si sarebbero incontrati nel reparto pediatrico dell’ospedale Gemelli, Totti sa dove si trova perché ci siamo stati insieme. Quando ho sentito questa frase mi sono ricordato del Catania e di quanto è importante che si facciano queste cose, perché i giocatori non sono importanti solo per i gol, che fanno, ma anche per le emozioni che trasmettono, è di grande aiuto e di grande stimolo reciproco. E il Catania quella partita la vinse…”.
Da appassionati di giornalismo saremmo curiosi di conoscere meglio la tua storia: come sei arrivato da Telecolor a RaiUno?
“Io, che vengo dalla provincia, sono arrivato a Telecolor nel 2000, in una redazione prestigiosa, importante, nella quale ho appreso tantissimo e ho avuto l’onore di avere come direttore Nino Milazzo che mi ha assunto. Con i miei colleghi abbiamo fatto una battaglia di libertà e, per quella battaglia, ci abbiamo rimesso il posto di lavoro e sono fiero di dire che era giusto farla anche se il prezzo da pagare è stato salatissimo, sono contento di averlo fatto. Nel momento più nero ho lavorato in provincia di Ragusa, in un’emittente che si chiama Eventi Sicilia perché c’era un grande amico e collega che si chiama Massimo Leotta che mi ha chiamato per darmi una mano e farmi lavorare, poi un autore televisivo, peraltro catanese, che ha lavorato con Pippo Fava ai siciliani, un grande giornalista come Michele Gambino, aveva visto alcuni miei lavori e mi aveva contattato perché si era liberato un posto da inviato alla Rai, per il programma ‘La vita in diretta’. Mi hanno messo alla prova, si comincia a partita iva, e se non piaci non c’è la seconda puntata…Grazie a Dio è andata bene. Poi ho fatto il concorso Rai, l’ho vinto, sono andato al Tgr Liguria per un po’ di anni poi il Tg1 mi ha chiesto di andare alla redazione cronaca, sono diventato inviato dal 2018 e adesso sono nella cronaca del Tg1, contento. Una serie di coincidenze, un percorso che, in un periodo che sembrava sfigato, dove sembrava tutto nero, nel buio totale, è arrivato uno spiraglio di luce, come potrebbe succedere al Catania. Non sempre la notte è totalmente buia”.
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