In città i malumori si susseguono con disarmante regolarità da un anno a questa parte. Dicembre 2020 segnava l’avvento di Joe Tacopina che, di lì a poco, avrebbe firmato un contratto (il 16 gennaio 2021) dove si impegnava ad acquistare il pacchetto azionario del Calcio Catania rilevandolo da SIGI.
Niente di tutto questo, solo amare delusioni, cocenti nefandezze e false promesse hanno scandito il ritmo dei rumori e dei silenzi che si sono alternati come un aedo stonato che non azzecca mai la nota, il momento giusto per intonare ora un coro ora un acuto ora una lunga pausa di riflessione canterina.
Il calendario delle disgrazie è appena iniziato con i primi due punti di penalizzazione inflitti al club a cui il TFN (Tribunale Federale Nazionale) ne farà seguire ulteriori. Ora incombono la scadenza dei pagamenti ai tesserati del 16 dicembre e la sentenza del Tribunale sull’istanza prefallimentare del 21.
Frattanto, i soci della SIGI hanno condotto una trattativa, lunga e irta di ostacoli come diversamente non avrebbe potuto essere, con il fondo inglese impegnato nel settore fotovoltaico che entrerebbe sì a dare manforte alle casse rossazzurre ma attraverso un contratto di sponsorizzazione esterna. Una cifra vicina al milione di euro che consentirebbe al Catania di rifiatare ma non certamente di risolvere una montagna di problemi impervia da scalare persino per l’alpinista pluridecorato. Utile per evitare la terza sanzione del TFN, che risulterebbe fatale, utile anche per presentare alla Procura un piano di rilancio economico che abbia una (minima) parvenza di solidità.
Diciamoci la verità, non è di questo che il Calcio Catania ha bisogno. Forse avrebbe bisogno di qualcosa che non esiste ancora, di un quid metafisico che per noi terrestri e umili pallonari è impensabile, inestricabile attraverso il mero strumento della conoscenza umana. L’impressione è che ciò di cui necessita il ’46 per salvarsi senza “se” e senza “ma”, progettando il futuro e pianificando un piano industriale che poggi su fondamenta sicure, sia ancora più grande e inafferrabile dello sterminato debito che ci sta affossando. Non basta salvarsi oggi e domani: occorre vivere, non sopravvivere!