Lo avrete notato, ne siamo certi. Non abbiamo menzionato la notizia, ammesso che meriti di essere definita tale, dell’eventuale rimpasto biancavillese del Catania qualora dovesse perdere il titolo sportivo.
Lo facciamo oggi, con distacco e incredulità. Con tutto il rispetto per l’A.S.D. Calcio Biancavilla, società che milita attualmente nel campionato di Serie D con scarsa fortuna finora, Catania ambisce a ben altro. Le fusioni le lasciamo alle acciaierie.
Il Calcio Catania non solo merita di mantenere e salvaguardare il titolo sportivo ma deve rendicontare le faville del passato al futuro imminente, fare i conti con il lustro di un tempo recente e ripartire da un numero di matricola riveduto e corretto una volta perso quello originale preesistente dagli anni Settanta: 28052006. Vi dice qualcosa?
Proviamo a scomporlo: 28/05/2006. Ora, direi che ci siamo, non lascia adito a dubbi: dobbiamo riprenderci l’unica categoria spettante, la Serie A. Se l’Empoli occupa la nona posizione in classifica nella massima serie, il Catania dovrebbe quanto meno giocarsi la qualificazione in Europa con regolarità annuale. Non è solo una questione di bacino d’utenza, è frutto di un’analisi oggettiva e obiettiva. Il nostro posto, al di là delle terribili carenze cittadine, è lì.
Di illazioni inique e fuorvianti ne abbiamo piene le tasche, abbondano di vacuità, trasbordano di nefandezze. La SIGI, non importa né dove, né come ma solo quando, non ha l’obbligo morale di colmare il debito con il Calcio Catania di 660mila euro: l’obbligo è nei confronti di una città intera, indotto incluso.
Torre del Grifo dà lavoro a centinaia di persone. E poi, fino a sette anni addietro, il Catania in Serie A fungeva da volano per l’economia cittadina oltre a innescare una reazione a catena che coinvolgeva anche comparti diretti come il merchandising (quanto manca già il Catania Point di Cecilia Amenta in Corso Italia!), potenzialmente internazionale se vi fosse stata competenza in materia di marketing da parte dei gestori.
A parte il milione abbondante di catanesi che abitano tra capoluogo etneo e provincia non dimentichiamo le centinaia di migliaia, forse più chi può dirlo, emigrati al Nord Italia, in Europa, Australia e Stati Uniti. Ma ci rendiamo conto di cosa possa significare il brand “Calcio Catania”? Perché stanno facendo di tutto per negare l’evidenza e distorcere la realtà? Perché pagare parte degli stipendi in ritardo viene celebrato come un “atto d’amore” e di coraggio verso il club? Ma stiamo scherzando? Beh, se si è di cattivissimo gusto.
Pertanto, se per caso non fosse ancora chiaro: #atanesciriisoddi! Che la stagione degli inchini, delle genuflessioni riverenti e del servilismo di molti è giunta al capolinea da un bel pezzo. E’ facile fare i conti con il portafoglio altrui, è vero. Ma ergersi ad Angeli Custodi del Calcio Catania e poi affossarlo, credeteci, non è da meno.
Non si tratta “solo” della storia di un club di calcio. Sono centinaia di migliaia le storie che si intrecciano, di nonni e padri che non ci sono più, di figli che danno alla luce altri figli e dopo il primo vagito li avvolgono in sciarpe rossazzurre, li plagiano con cuore benevolo educandoli all’unica passione possibile per nascituri e nativi catanesi: il Calcio Catania, quello rossazzurro. Quello che non si piega mai.
(fonte foto: calciocatania.it)