Ci si sveglia il sabato mattino sotto un caldo torrido di mezza estate ancor prima che la bella stagione faccia capolino. Chi non lavora stamani ha tutto il tempo di concentrarsi sul dovuto. E il dovuto, manco a dirlo, risponde al nome altisonante, di calcidese memoria storica: “Catania”.
Due settimane al gong, datato 18 giugno 2022, poi nascerà, per forza di cose, il nuovo Catania. Oggi, nel giorno del “Clamoroso al Cibali” allorquando undici baldi rossazzurri si sbarazzavano della corazzata Inter guidata dal Mago Helenio Herrera, la storia ci rammenta di cosa siamo capaci. E di quanto lo saremo ancora.
La raccolta differenziata stenta, qualcuno inneggia ai termovalorizzatori. Sì, ma non provenienti da “quella azienda di Milano”. thanx. L‘attuale e claudicante amministrazione comunale tenta di destreggiarsi tra le molteplici problematiche che attanagliano la città come un cobra della foresta pluviale indiana che prima di sferrare il morso letale si attorciglia su se stesso per intimorire la preda, ma stavolta avrà di che difendersi se non interromperà il filo (il)logico con gli ex sigisti. Talvolta, la miglior difesa non è l’attacco.
Allora il sindaco facente funzioni e l’assessore allo sport, chiamati a gestire (almeno ad oggi) la delicata e vitale questione “manifestazione d’interesse”, in vista delle elezioni comunali la cui data prevista sarebbe maggio 2023, dovrebbero astutamente evitare il richiamo malevolo della dietrologia e improntare la loro strategia elettorale su un rinnovamento del Calcio Catania. Per centrare l’obiettivo, il primo comandamento è: mai più SIGI. Sessantuno anni or sono ci concedevamo il lusso di strappare lo scudetto dalle mani dell’Inter di Herrera, appena dodici anni fa bissavamo l’impresa ai danni meneghini, sottraendoci dal ruolo di giudice tricolore ma spingendoci ancora oltre, battendo l’Inter del triplete.
Oggi, tra le macerie del fallimento prenatalizio e dopo il corteo funebre del 9 aprile, Catania ha sete di vendetta sportiva e così dev’essere. Troppo silenzio aleggia sulle note manovre di soci ex SIGI che lavorano alacremente da settimane per accaparrarsi la proprietà del nuovo Catania. L’antitesi si sposa col paradosso: come può il “nuovo” Catania ripartire da chi ha permesso di riferirci ad esso usando il tempo passato, come un caro estinto, come il vaso a cui eravamo affezionati che si è frantumato in 1946 cocci o come lo sciame di comete che secondo alcuni studiosi avrebbe cancellato una società evoluta circa 11700 anni fa.
Se parte della stampa tace, noi ricordiamo ai nostri lettori che non solo non rappresentiamo una testata giornalistica sportiva ma, anche in tal caso, rifuggiremo lo scopo di lucro e ciò ci consentirà anche in futuro di anteporre la verità all’omertà, che non può essere affatto una giustificazione per chi svolge questo mestiere e preferisce non esporsi, ma è logicamente comprensibile. Per noi non si tratta di un lavoro e mai lo sarà. Pertanto, pur non conoscendo nel dettaglio i nomi di coloro che, sotto traccia ma evidentemente con scarsissima propensione al gioco del silenzio e non solo, stanno orchestrando un ritorno al futuro giuridicamente possibile ma eticamente abominevole, devono sapere che mai otterranno il nostro avallo e, soprattutto, l’avallo del pubblico di fede rossazzurra.
La nostra redazione, se così si può definire dato che non siamo un giornale on-line pur “occupandoci” di informazione, rappresenta un infinitesimale gruppetto di formichine laboriose, un elefante potrebbe schiacciarle con un’unghia. E qui potrebbe scattare il loro ragionevole: “e chissenefrega di questa piccola realtà editoriale, amen se non ci supportano”. Al posto loro, però, mi concentrerei sulla piazza (di cui facciamo parte), sull’unica voce che conta, sull’urlo all’unisono del “Massimino” che non udiranno mai se entreranno, attraverso mentite spoglie, con l’ausilio subdolo di sotterfugi legalmente inattaccabili ma moralmente deprecabili, perché i tifosi catanesi hanno pianto a causa loro, e piangono ancora.
Signori, destiamoci! Il Comune di Catania deve essere giudice dall’integrità morale incrollabile. O il nuovo-vecchio Catania, sarà morto ancor prima di vedere la luce.