Da effervescente a evanescente. Il calcio propositivo di Luca Tabbiani doveva confluire in un attacco prolifico sulla scorta di trame di gioco spumeggianti, ficcanti ma, soprattutto, concrete. E invece ieri, nonostante una buona mole di gioco prodotta per lunghi tratti del match, abbiamo rivissuto il remake di Catania-Crotone, stavolta con un passivo ancora più ingeneroso e davanti a un pubblico “da Serie A”, come hanno sottolineato i telecronisti di RaiSport (a proposito, non abbiamo fortuna con loro…), e come recitano i numeri sugli abbonati di cui attendiamo ancora il totale così come degli spettatori presenti ieri allo stadio Massimino, verosimilmente intorno alle 16.500 unità.
Non è tutto da buttare, sarebbe un guaio pensarla così dopo quattro partite giocate. Ma, per coerenza, con quanto asserito in agosto, dopo quattro gare è possibile e opportuno tracciare un primo bilancio. Ieri il vice presidente del Catania, Vincenzo Grella, ha ammesso ai microfoni di RaiSport che la pazienza nel calcio è merce rara, ma ne ha implorato il ricorso, ribadendo la bontà del progetto tecnico di Tabbiani che ha sempre definito “una mia scommessa“.
Tabbiani, dopo la sconfitta, si è rammaricato per buona prestazione che, come nei primi 45′ con il Crotone, non è coincisa con la vittoria. Se a Monopoli abbiamo riscontrato un’involuzione sul piano del gioco, ieri sera la crescita tecnico-tattica c’è stata, ma non quella fisico-atletica dato che i contrasti erano pressoché appannaggio dei satanelli.
Al centrocampo dai piedi buoni, buonissimi, vedi Rocca, Deli, Zammarini, lo stesso Ladinetti e il neo acquisto Zanellato, deve corrispondere un maggior impegno atletico altrimenti in Serie C le partite si perdono, offrendo il fianco all’avversario nei contropiedi scaturiti, magari, da un contrasto maldestro o “poco convinto”.
Il rodaggio, evidentemente, non è concluso. L’Avellino ha deciso di invertire subito la rotta cambiando tecnico e ha subito ottenuto risultati differenti. Ciò non significa che il Catania debba esonerare Tabbiani dopo quattro partite, con ammissione di colpa di Grella ed evidenti e un progetto tecnico/tattico tutto da rifare dopo appena un paio di mesi di implementazione. Semmai, sarebbe più opportuno sentire spronare l’allenatore, almeno in questo scorcio di campionato, a snaturarsi pur di centrare vittorie e punti perché ne abbiamo già dilapidati 8 su 12 ma siamo ancora in tempo per ritornare in carreggiata.
Il calcio propositivo e offensivo che l’allenatore vorrebbe imprimere come marchio di fabbrica alla squadra, al momento, è utopistico e sono i risultati a dirlo, non certo noi. Probabilmente per mere ragioni temporali, per la preparazione estiva scarna di amichevoli di livello, per la pausa imposta dal rinvio col Brindisi e, pertanto, per i tempo di ricezione dei giocatori che non erano abituati a un modulo così dispendioso (il pressing alto a tutto campo nei primi 45′ sfianca se non si è ancora al massimo). Occorrono punti e questo deve essere il primo e unico obiettivo al momento. Per assimilare schemi, concetti di gioco e per la forma fisica al top c’è tempo, per la classifica, no.