Ci troviamo senza ombra di dubbio nella fase più scadente e mediocre della nostra ennesima stagione in un campionato anch’esso scadente. Come più volte ribadito, poter giocare nella terza serie italiana dopo tutto ciò che è successo la scorsa estate è davvero un miracolo sportivo.
Quella che ci apprestiamo a concludere, sarebbe dovuta essere una stagione “di transizione”, chiamiamola così, una stagione che non prevedeva alcun obiettivo di spessore, una squadra creata per raggiungere al più presto un modestissimo piazzamento in classifica in grado di portare a casa una seconda salvezza, dopo quella della matricola.
Come si suol dire, l’appetito vien mangiando e seppur con una partenza a rilento, il Catania a inizio stagione ha scalato varie posizioni in classifica fino a posizionarsi stabilmente al quinto posto. Ma, cammin facendo, tutti i nodi vengono al pettine, in effetti la squadra inizia a sentire la mancanza di un’adeguata preparazione tecnica nel periodo estivo, l’inquantificabile numero di infortunati che ha caratterizzato gran parte della stagione, un budget economico pari a zero che non ha permesso di rafforzare la squadra nei suoi punti più deboli.
Eppure, dovevamo immaginarlo, forse l’alto piazzamento ha deluso le nostre aspettative, forse non abbiamo più considerato ciò che abbiamo passato in estate con “l’extra-campo”, con i vari aspetti giudiziari e burocratici, forse il nostro desiderio più grande, ovvero quello di uscire al più presto da questa categoria, ci ha fatto viaggiare, seppur mentalmente, verso altre pretese.
Il Catania ad oggi occupa sempre quel quinto posto, ma sembra aver perso la propria identità, probabilmente l’identità non c’è mai stata quest’anno, si tratta di un’involuzione pazzesca, una squadra inerme che regala almeno un tempo in ogni partita all’avversario di turno, una squadra che non sa reagire, una squadra mentalmente distrutta.
Sappiamo tutti quanto l’aspetto mentale sia importantissimo in ambito sportivo, e in particolar modo nelle ultime uscite, questa squadra ha dimostrato di essere davvero fragile. Eppure ci troviamo lì, direbbe qualcuno. Poco importa, le prestazioni sottotono possono capitare a chiunque, le sconfitte bisogna accettarle, ciò che in realtà fa davvero rabbia è il modo in cui arrivano. Le sconfitte aiutano a vincere e si superano con una reazione, ma questa reazione non è mai arrivata. Regalare punti ad avversari sulla carta più “modesti” provoca solo ed esclusivamente tanto rammarico.
Ciò che molti non vogliono capire è che il nostro futuro dipende dalla chiusura del closing: solo grazie ad un grosso investimento economico potremo esaudire il nostro comune desiderio. La via del silenzio adottata nell’ultimo mese potrebbe portare a giorni fasti, se e solo se, permettetemi il bicondizionale, non ci saranno imprevisti.