Partiamo dal comunicato ufficiale con cui la Cavese ha reso nota la scomparsa di Antonio Vanacore, che detiene un triste primato: si tratta della prima vittima del Covid-19 nel calcio professionistico italiano:
“La Cavese 1919 comunica, con immenso dolore la scomparsa del vice allenatore Antonio Vanacore. Alla sua famiglia l’abbraccio e la vicinanza della società, della squadra e di tutto il popolo aquilotto. Ciao Antonio, uomo e professionista insostituibile”.
Quando si parla di questa “brutta bestia” il rischio di banalizzare e scadere in luoghi comuni è sempre dietro l’angolo. Ma una menzione speciale ci sembrava doverosa. Una pandemia globale che ha spento quasi 3 milioni di vite nel mondo non può essere taciuta od obliata nemmeno da chi si occupa di calcio, sport e sorrisi.
E poi, il calcio, non è più lo stesso. L’alone di tristezza che avvolge i giocatori in campo, circondati da spalti vuoti, è solo una goccia in un oceano di melanconico silenzio: quello di chi non c’è più, di chi non potrà esserci nemmeno quando i cancelli degli stadi d’Italia riapriranno i battenti. Di Antonio Vanacore ce ne sono decine di migliaia, sono tutti quei tifosi, addetti ai lavori, medici, infermieri, professionisti, operai, impiegati, che bazzicavano tra curve e tribuna poiché accomunati dalla passione per il calcio e dall’amore verso i colori della rispettiva squadra del cuore ma che non potranno più stringere in mano il loro biglietto e sventolarlo orgogliosamente prima di entrare nel teatro dei sogni.
E già, lo stadio può assumere significati reconditi che nemmeno noi stessi siamo in grado di percepire. Non è solo un gol ad infiammare la gioia, non è soltanto una vittoria ad allietare le nostre domeniche; custodisce la storia di 20.000 persone, amplifica i battiti di 20.000 cuori, è il trionfo della vita. Vederlo vuoto e lacrimevole, ne mortifica l’essenza.
Quando i calciatori segnano un gol in casa davanti al pubblico amico, le restrizioni impongono che l’urlo di gioia di chi gonfia la rete superi in decibel quello dei pochi presenti. “La brutta bestia” ha sovvertito l’ordine naturale delle cose, ridefinito le regole, stracciato prima il nostro vecchio decalogo, poi le vite.
Il Catania, sabato prossimo, giocherà sul campo della Cavese: senza pubblico, senza cori, senza tifosi al seguito. E senza Antonio. A una settimana esatta dalla sua scomparsa volevamo ricordare, ancora una volta, l’allenatore 45enne che ha lasciato vuoto quello spazio in panchina contribuendo a un silenzio incurabile.
(foto: cavese1919.com)