Esclusiva Michele Zeoli: “Catania di Raffaele discontinuo. Quanti ricordi l’anno della promozione: quanta tensione a Taranto”
Nel lontano 2000 approda al Catania, dove resta per quattro stagioni. In quel quadriennio, colleziona 100 presenze, 5 reti e una promozione dalla Serie C1 alla Serie B. Michele Zeoli, è, inevitabilmente, uno dei protagonisti di quegli anni. Ha concesso un’esclusiva intervista alla nostra redazione: con l’ex numero 3 rossazzurro, si sono affrontati diversi argomenti, tra presente e passato. Di seguito le sue risposte alle nostre domande.
Michele, innanzitutto grazie per aver accettato l’invito della nostra redazione. È un piacere poter disquisire del Catania con uno dei più grandi protagonisti del passato rossazzurro. Come stai?
“Grazie a voi. Diciamo che, nonostante stiamo attraversando un brutto periodo oramai da diversi mesi, io personalmente devo dire che vado avanti e sto abbastanza bene”.
Col Catania hai vinto un campionato in serie C, in quella celebre finale di Taranto. Che ricordi hai di quella stagione?
“Ricordo l’enorme tensione che c’era in quella stagione. Avevamo fallito l’anno prima, non potevamo sbagliare un’altra volta. Quella gara con il Taranto fu l’apice di tutto. Ricordo una vera e propria guerriglia che ci ha accompagnato prima, durante e dopo la gara, non solo all’interno del rettangolo di gioco. A livello individuale, rammento con piacere il mio gol al 93′ contro la Torres”.
Sicuramente avrai visto qualche partita del Catania quest’anno. Che opinione ti sei fatto di questa squadra?
“Ho visto qualche partita quando in panchina c’era ancora Raffaele. Il Catania di Baldini non ho avuto ancora modo di vederlo. È chiaro che vedendo i risultati sembra qualcosa sia cambiato. Per quanto riguarda la vecchia gestione, da osservatore esterno e avendo grande rispetto per il lavoro di un allenatore che potrebbe essere anche un mio collega, visto che anche a me piacerebbe fare questo mestiere avendo il patentino, l’impressione era quella di una squadra discontinua, che magari faceva vedere ottime prestazioni, per poi perdersi in campi di provincia, che comunque in Lega Pro sono sempre difficili da affrontare. Anche noi all’epoca, per esempio, andavamo in campi come Castel di Sangro, Lanciano rischiando di fare una brutta figura, perché comunque eri costretto a vincere e serviva una grande forza mentale per riuscirci”.
Dal tuo calcio a quello attuale, secondo te, quali sono i cambiamenti più significativi che rendono questo sport diverso?
“Beh, rispetto agli anni in cui giocavo io, oggi nel calcio c’è tanta tecnologia. Può essere un aspetto positivo, perché comunque ti porta a conoscere tutto del tuo avversario. Noi, all’epoca, ogni tanto vedevamo una partita della squadra che dovevamo affrontare, oggi invece puoi fare uno studio più approfondito. Allo stesso tempo, però, esiste anche un aspetto negativo, perché magari si pensa più ad apparire e quindi il narcisismo è entrato prepotentemente nel mondo del calcio. Anche a livello tattico ci sono stati dei cambiamenti. Fino a quando giocavo io, ancora esisteva la tradizione italiana, nonostante alcuni allenatori avevano già portato la novità della marcatura a zona. Ricordo che io avevo il mio dirimpettaio, il mio avversario al quale stavo attaccato per tutta la partita”.
Vent’anni fa i playoff erano totalmente diversi, anche per quanto concerne il format. A prescindere da ciò, cosa serve, secondo te, per riuscire a vincere un mini torneo così pieno di insidie?
“È chiaro che adesso è più difficile, perché, come hai detto te, si tratta davvero di un mini torneo. Quest’anno ci sarà il fattore campo che, per via del Covid, verrà a mancare. Credo che in queste gare quella del pubblico, specialmente nei campi del Sud, sia una componente molto importante. Se giochi a Bari o a Catania una gara playoff con i tifosi che gremiscono gli spalti è una cosa, senza gli spettatori, il fattore campo conta davvero poco e viene avvantaggiata la squadra che gioca in trasferta. Se arrivi settimo/ottavo, devi giocare molte più partite e sei costretto a vincere, quindi ti sbilanci e la fase difensiva va a farsi benedire. Ai miei tempi, invece, giocando solo quattro partite, ti dedicavi maggiormente a non subire, anche perché sapevamo che prima o poi un gol lo facevamo avendo davanti gente come Eddy Baggio, Cicconi o Fini”.
Ritorniamo alla tua esperienza in rossazzurro. Senti ancora qualche tuo compagno di quegli anni?
“Siamo rimasti molto uniti, nonostante siano trascorsi tanti anni. Abbiamo un gruppo su Whatsapp e ci sentiamo spesso, non soltanto per le ricorrenze, ma anche per parlare di tanti argomenti diversi l’uno dall’altro”.
Questo potrebbe essere il mese che sancisce il passaggio di proprietà a Joe Tacopina. Che idea ti sei fatto di questa vicenda?
“Probabilmente questa vicenda ha inciso un pò sulla testa dei giocatori, perché, seppur dovrebbero restare fuori da queste vicende, oggi con il web non è per niente facile. Basta che un solo calciatore in rosa abbia un profilo sui social, ed oggi lo hanno tutti, che immediatamente le notizie arrivano in modo diretto all’interno dello spogliatoio, influendo sulla testa dei giocatori e sul rendimento in campo”.
Infine, ti va di mandare un messaggio ai tifosi del Catania?
“Nel calcio si vive di corsi e ricorsi storici. Ogni squadra ha il suo periodo negativo, per poi, magari, ritornare a vincere e ritornare nelle categorie che più competono. Non succede solo a Catania, ma anche in tante altre piazze: per esempio, il Como sta vincendo il campionato e la Cremonese sta già in B. Ho preso queste due piazze perché ai tifosi del Catania rievocano sicuramente ricordi positivi. Consentimi, invece, di esprimere un pensiero su Stefania Sberna. È stata una persona che ha lasciato il segno in tutti noi ed è stato un colpo al cuore ricevere questa brutta notizia qualche giorno fa. Ricordo tante trasmissioni in cui lei era una conduttrice gentilissima e molto ospitale. Dispiace davvero tanto. Faccio le condoglianze alla famiglia e sono d’accordo con chi le vuole dedicare qualcosa al Massimino”.
Fonte Immagine: TuttoCalcioCatania.com