Correva l’anno 2002. Il Foggia arrivò in finale play-off, si giocò il 9 giugno (data molto cara anche ai tifosi del Catania che festeggiarono contemporaneamente la promozione in Serie B a Taranto). A sfidare i satanelli il Paternò, una corazzata che proponeva un calcio-champagne ultra-offensivo, magistralmente orchestrato da un tecnico visionario e predestinato ai grandi palcoscenici: Pasquale Marino.
A Foggia non hanno mai dimenticato quella cocente sconfitta anche se, l’anno dopo e proprio con Marino in panchina, si sono rifatti centrando la promozione in Serie C1. Paternò è rossazzurra, come il Catania, unici due casi in Italia. Il presidente del club era Lo Bue, Dispinzieri fisioterapista, Claudio Cammarata nelle vesti di segretario generale, Ciccio Sotera il saggio direttore sportivo e la rosa vantava nomi altisonanti: da Nicola Polessi, una saracinesca tra i pali, a Gaetano Calvaresi, attaccante dotato di gran classe, all’estro di Giuseppe Pagana e poi Calà Campana, Di Dio, D’Aviri, Del Giudice, volti noti ex Catania.
Il Foggia, per blasone e bacino d’utenza sembrava poter fare un sol boccone del Paternò invece la squadra di Pasquale Marino, che veniva indicata dagli addetti ai lavori anche fuori dai confini nazionali, come un vero e proprio caso sportivo perché offriva un calcio innovativo e spumeggiante, impattò sia allo Zaccheria che al Falcone-Borsellino, festeggiando la promozione in virtù del miglior piazzamento nella regular season. Altro che piccolo Barcellona!
Il Foggia insegue i play-off, sperando di battere il Catania per garantirsi il settimo posto e rispedire indietro le velleità di Palermo, appaiato a 50 punti, e dell’altra inseguitrice, il Teramo, fermo a 49. Ma quando il Foggia vede rossazzurro trema! Parola di Paternò. E parola di Catania, si spera.
(fonte foto: zonafranca.me)