“Investitore” non è un bel termine così, di primo acchito. Uno pensa a una macchina che effettua un’inversione “a U” in regime di doppia striscia continua e, nella migliore delle ipotesi, sale sul piede di un malcapitato pedone fratturandogli il metatarso; oppure a un mezzo pesante che tampona un’auto per colpa di un po’ di grasso sull’asfalto e il carrozziere a chilometri di distanza inizia a gongolare e ad avere “prurito alla mano sinistra”. Insomma: questa parola non ci piace.
Eppure, che sia maltese, svizzero o catanisi, l’investitore, nel senso che investe sul club e non i passanti, è l’unica speranza che ha il Catania di salvare la matricola 11700 e, per farla breve e persuadere anche chi non ha una particolare predilezione per la numerologia, per ripartire dalla Serie C iscrivendosi regolarmente al campionato 2021/2022 anziché ripartire dai Dilettanti.
Non tutti possono ricordare. Ma di sfide epiche con Castrovillari e Milazzo, tanto per citarne due (non a caso), nonostante le gioie dei gol siglati dall’implacabile Beppe Mosca, ne abbiamo viste fin troppe. Il clean sheet dei libri contabili è buona cosa ma un elefante stanco dal barrito afono e dalla proboscide ritorta sarebbe davvero in grado di ripartire dal “D-Inferno”?
Non che la Serie C sia l’eden, tutt’altro, ma è sempre meglio rimanere a due passi dal cielo piuttosto che a tre. Proviamole tutte ma solo se, dopo l’eventuale salvataggio, l’investitore “nel senso che investe” non si trasformi nell’investitore nel senso che travolge sogni e progetti. La progettualità deve essere garantita ancor prima dell’immissione di liquidità.
(fonte foto: calciocatania.it)