“Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente […]”. La chitarra di Franco Battiato, colonna sonora multigenerazionale, accompagna i nostri pensieri di questo “mercoledì altrui” in cui si gioca un turno di ritorno dei play-off che non ci compete, non ci appartiene.
Nulla a che vedere con i Maneskin, un rock n roll di cui forse avremmo bisogno per stordire timpani e offuscare la mente in maniera salutare, sniffando aria pura di alta montagna, sull’Etna a osservare la colata lavica mentre la brezza montana ci sfiora il viso e il rock lascia trasbordare quei pensieri malevoli di cuginanza rivale attualmente in campo.
Allora ritorniamo a Battiato. Il “centro di gravità permanente” non lo abbiamo ancora trovato. La certezza della pena è l’unico diritto costituzionale di cui i tifosi rossazzurri abbiano goduto accidentalmente, nel corso degli ultimi anni dall’oscurità medievale. Immeritatamente, sia chiaro. Ora avremmo solo bisogno di non cambiare più idea su SIGI e Tacopina, su tutta questa gente che ruota vorticosamente intorno al club, alla sua storia, al suo futuro.
Catania “è rock”, come direbbe Celentano. Ma è anche una strimpellata di chitarra alla Battiato che, con la sua voce sottile e diretta, si siede di fronte al mare, guarda verso gli scogli e pizzica una melodia nostalgica temendo per il futuro. “Rock” moderno e “pop” sperimentale, così diversi, si incontrano a Catania in un tumulto di generi.
Allora mentre Battiato suona la chitarra sul molo del Porto al tramonto, i Maneskin superano in decibel i boati dell’Etna in eruzione. Questa è Catania signori miei! Capace di coccolare con affetto, di osannare in musica, ma anche di scatenare batteria e chitarra elettrica per far esplodere la rabbia di chi si sente inerme dinanzi a un calvario che ci farà tribolare ancora per qualche settimana.
Francesca Tremoglie
(foto: notizie.virgilio.it)