La redazione di Catania Mood ha avuto il piacere e l’onore di intervistare uno dei simboli della storia rossazzurra, stiamo parlando del “falco” Luís Oliveira, il quale si è gentilmente concesso ai nostri microfoni.
Luís, innanzitutto grazie per la tua disponibilità, tu che sei stato uno dei giocatori più rappresentativi della nostra squadra, che ricordi hai della tua esperienza qui da noi?
La prima cosa che mi viene in mente è stata l’accoglienza in aeroporto quando sono arrivato in città per la prima volta, per me una grande emozione, ricordo benissimo la massa di tifosi che mi aspettava per poi sollevarmi in spalla, quell’evento mi ha fatto subito capire di esser arrivato in una città che aveva fame di calcio. Questi episodi ti caricano senza dubbio, non vedevo l’ora di scendere immediatamente in campo. Si tratta di un’immagine che resterà per sempre dentro di me, quando parlo di Catania mi viene in mente questo episodio speciale che non dimenticherò mai così come l’intera tifoseria.
Anche noi ti ricordiamo con tanto affetto, sei entrato di diritto nella nostra storia grazie alle 28 reti segnate in 74 presenze. Tra questi ce n’è uno in particolare che ricordi maggiormente?
Diciamo che i gol nei derby sono importantissimi e ricordo con piacere il gol segnato in casa proprio contro il Palermo, con Toshack in panchina nella stagione 2002/2003, ricordo il gol al Barbera nel risultato finale di 3-3, questi sono i gol più belli, gli altri sono senz’altro importanti, ricordo quando stavamo perdendo 0-1 in casa contro la Ternana e realizzai una doppietta contribuendo alla vittoria finale, ci sono tanti altri gol tra cui quelli contro il Messina. Per un attaccante la cosa più importante è cercare di buttare la palla dentro ed esultare con la tifoseria.
A proposito di esultanza, la tua è un po’ particolare, perché hai scelto di esultare imitando il falco?
Da piccolo ricordo che mio padre oltre ad avere dei galli da combattimento, aveva anche un falco che in seguito è andato via. Tutto è iniziato quando giocavo con la Fiorentina e dovevamo affrontare il Milan a San Siro (annata 1997-98), e Sandro Cois centrocampista viola mi disse che se avessi segnato, avrei dovuto esultare in maniera particolare, feci gol e da quel momento iniziò la mia avventura. Poi il falco quando scende in picchiata è abbastanza veloce e non sbaglia mai un colpo, io qualche volta ho sbagliato ma molto spesso la buttavo dentro rendendo la vita difficile a molti difensori.
Lulù, chi è stato il miglior giocatore avversario che hai mai incontrato?
Mi vengono in mente due difensori importanti, parlo di Thuram e Cannavaro, nonostante i loro falli ti chiedevano scusa o ti aiutavano ad alzarti, e questo loro aspetto mi ha particolarmente colpito, gli altri invece ti “picchiavano” senza sosta. Ricordo Enrico Annoni, difensore del Torino, Júlio César e Kohler entrambi della Juventus che picchiavano senza paura, ricordo Mauro Tassotti del Milan, o Sebastiano Nela della Roma, sono tutti giocatori che non avevano paura di commettere falli.
Come saprai, nel calcio l’aspetto mentale e motivazionale è importantissimo. A Catania c’era qualche tuo compagno o qualche componente dello staff tecnico che ricordi per i suoi continui incitamenti?
Sicuramente Gennaro Monaco, un fratello e persona importantissima per me che non potrò mai dimenticare, un vero trascinatore. Anche quando non giocava riusciva sempre a motivare l’intero gruppo, frutto della sua grande esperienza. Se c’è voglia di lavorare si può sempre giungere all’obiettivo. Gennaro per me è stato fondamentale, ricordo quando andammo al mercato per incontrare i tifosi del Catania, fu davvero un episodio indimenticabile, si lasciavano incustodite le bancarelle per venire da noi ad abbracciarci regalandoci di tutto e di più.
Cosa pensi della situazione attuale del Catania?
Sicuramente quando il Catania giocava in serie A era uno spettacolo, ha fatto davvero molto bene battendo anche grandi squadre grazie alla continua spinta dei tifosi che riempivano tutto lo stadio. Ad oggi il Catania si trova in una categoria che non compete alla città, e la colpa non è sicuramente dei tifosi. Non mi spiego il perché di quanto accaduto, se il Catania stava giocando bene, perché rovinare tutto? Per fortuna il Catania è stato salvato, altrimenti non avrebbe potuto giocare nemmeno nella categoria attuale.
Tu che hai vestito il rossazzurro, che consigli ti sentiresti di dare ai ragazzi che vestono attualmente questa maglia?
La cosa più importante è non avere paura della tifoseria, se fai il tuo lavoro correttamente e se dai il meglio di te in campo anche dopo una sconfitta, i tifosi se ne accorgeranno. Il mio procuratore mi disse sempre quanto Catania fosse una piazza di amore o odio, io risposi di non avere paura, dando sempre il massimo, quando lavoro do sempre il massimo soprattutto per dimostrare alla gente qualcosa in più di me stesso. I ragazzi devono essere consapevoli che l’importante è fare bene specialmente in piazze così difficili, è necessario fare gruppo, perché da soli non si va da nessuna parte, devono remare tutti indistintamente verso un unico obiettivo. Bisogna giocare per amore della maglia, anche se al giorno d’oggi questo sentimento è quasi sparito, bisogna giocare per la gente che ti va a vedere e che paga il biglietto, bisogna sudare per la maglia perché sennò la maglia che indossi ti viene tolta.
Un saluto alla tifoseria etnea?
Ho un grande rapporto con questa città, lo posso definire un rapporto straordinario, Catania è dentro di me, dentro il mio cuore così come lo sono i tifosi che porterò sempre con me infatti il mio rapporto con la tifoseria è un rapporto di fiducia e di amore. Vorrei salutare in particolar modo due dirigenti: Vincenzo Guerini e Maurizio Pellegrino quest’ultimo è stato il mio allenatore quando sono arrivato a Catania. Auguro alla società attuale di poter vincere al più presto il campionato di serie C affinché si possa tornare almeno in serie B.
(Foto: quellidel46.it)