Ci siamo ripromessi di non farne menzione e non lo faremo. Ma è notte a Catania, quasi fonda, e le riflessioni scorrono più lente ma accompagnate dall’eco assordante del silenzio. Già notte fonda.
Forse per questo il terrore si personifica nelle ombre cinesi proiettate sul muro dalla abat jour che forma i volti dei personaggi che ci hanno subissato negli ultimi anni, con e senza occhiali, di quelli che dovrebbero o avrebbero dovuto subentrare alle prime luci dell’alba regalando a una città anzi, a un popolo, niente più di ciò che merita per passione e proselitismo incondizionato senza che le discese in categorie deprimenti ne scalfissero minimamente quel leggiadro “modo d’amare” che si posa ora su un coro ora su un beniamino: urla di felicità talmente armoniche e ben orchestrate dalle migliaia di cuori all’unisono da somigliare al canto delle sirene.
UN’IMPLOSIONE DI SOFFERENZA
Dei decibel di gloria ci è rimasto solo un misero ricordo. E’ sport, è solo calcio, non urla strazianti di dolore ma da queste parti si tratta di una cosa davvero seria. Quest’implosione di sofferenza è dovuta a pressioni multilaterali, interne ed esterne, il rischio che le pareti rossazzurre cedano definitivamente si concretizza man mano che l’orologio scocca le mezzanotti, in un buio raccapricciante che non promette niente di buono, che annienta le residue speranze, che schianta i cuori, che annebbia la vista di chi ha occhi solo per il Calcio Catania.
IL CATANIA E’ UNA COSA SERIA
Allora dormire diventa impossibile. Il Catania è una cosa seria signore e signori! Il Catania è lì, al confine tra sogno e realtà: novanta minuti di evasione seguiti da 6 giorni, 22 ore e 30 minuti di un’attesa che diventa difficile sostenere e sì, avete fatto bene i conti: la partita successiva. La notte porta consiglio, non Collegio. Non ci aspettiamo nulla, non abbiamo mai chiesto nulla in realtà e, storicamente, abbiamo ottenuto sempre meno di quanto meritassimo quando nei palazzi in cui predicano trasparenza, i camerieri servivano “biscotti” e i colletti si spartivano le torte infischiandosene della meritocrazia sportiva, sentenziando in base al proprio meschino tornaconto.
Catania è stanca. Il finale potrebbe essere già scritto ma NESSUNO ci conferisce il sacrosanto diritto di leggerlo. Allora siamo costretti a immaginare tutte le possibilità:
–il Catania fallisce;
–il Catania fallisce e riparte dalla serie D;
–il Catania sale in B;
–il Catania resta in C;
–Sì ma con quale proprietà?
-Sì ma avrà i soldi per andare avanti?
Ora, qui non c’entrano nemmeno i “difetti di comunicazione” tirati in ballo da tutti e contro tutti, a ragione. Insabbiare a che serve? La verità, prima o poi, emerge sempre, ne sanno qualcosa le ombre cinesi con sigaro e occhiali mentre quella dell’uomo palestrato resta a guardare. Ah, già ci sono i playoff. Vi sembra normale che ci sia questo clima a precedere una rassegna di vitale rilevanza sportiva per la squadra, per la città e per i tifosi? Probabilmente lo è.
CATANIA ATTENDE LA VERITA’
La visione del mondo è mutata radicalmente nell’ultimo anno per cause ben più gravi dello spauracchio di un fallimento sportivo. Ma nel microcosmo-calcio i problemi, le paure, le ansie e le disfatte globali si ripercuotono disfacendo anche il nostro orticello rossazzurro, curato con grande abnegazione nel corso di sette decenni da tifosi innamorati. E ora che accadrà? Prima poi la verità emergerà, solo allora queste ombre cinesi spariranno dalle pareti e sapremo se l’implosione ne avrà provocato un cedimento irreversibile. In tutti gli altri casi ci sarà tempo per ricostruirle.
(foto: catania.mobilita.org)