Non smetteremo mai di sorprenderci per la caratteristica più sbalorditiva del calcio: l’unione. Lo sport in generale e in Italia soprattutto il calcio, fa da trait d’union tra strati sociali che nella vita di tutti i giorni restano altrimenti sovrapposti tra loro non si incontrano mai anzi spesso tendono a calpestarsi.
Nessuna lotta di classe, nessun “piede in testa”: il calcio è un anello d’oro che unisce toghe e canne da pesca, stetoscopio e computer, e mai divide. Dentro ci trovi il professionista e il pescatore, il medico e l’impiegato. Specialmente a Catania. Dispiace non poco non poter assistere al primo turno dei play-off: Catania-Foggia senza pubblico è un calcio all’unione, è “mettere i piedi in testa” al sacrosanto diritto di sgolarsi per i colori che ami ma è un dovere cittadino cui ognuno di noi è tenuto ad attenersi.
Catania-Foggia è tutto questo: sono due piazze con tradizione, storia calcistica, blasone e colore. E’ un trionfo d’arte e campanilismo, è la barocca Piazza Duomo di Catania che sfida l’ottocentesca Piazza Cavour di Foggia, Beppe Signori contro Beppe Mascara, ricordi indelebili dei campioni che furono da aggiornare a suon di gol e qualificazione.
Stadio semivuoto, cuori pieni. Al grido sursum corda si leveranno in alto quelli rossazzurri, intervallati da altri rossoneri ma senza che si calpestino, senza “piedi in testa” o lotte di classe e di campanile. Pescatori, dottori, avvocati, impiegati. E’ il calcio, e Catania e Foggia sono ancora in corsa per le rispettive storie e città e per i rispettivi tifosi d’ogni ordine e grado, d’ogni sorta e d’ogni provenienza.