“L’obbligo era ripianare i debiti ed è stato fatto quindi Tacopina poteva entrare ad aprile, non a febbraio per ragioni burocratiche, ma ora sarebbe possibile. Oggi l’unico modo per salvare il Catania è entrare in Calcio Catania, non in SIGI! Siamo disposti a perdere tutti i 6 mln investiti. Non ce l’ho con Tacopina ma col modus operandi. Non vuole un solo euro SIGI. Chiedo scusa ad alcuni soci per essermi intestardito con Tacopina ma c’ho creduto, forse perché ho visto da tifoso, non lo so. Se l’Agenzia delle Entrate pretende 1 mln di euro in più non tocca la sfera dell’acquirente, ne corrisponde SIGI”.
Queste sono alcune delle dichiarazioni pronunciate dal presidente SIGI, avvocato Giovanni Ferraù in occasione della conferenza stampa di ieri, si tratta di parole che preoccupano e non poco l’intera tifoseria dato che, ora più che mai, il futuro del Calcio Catania è davvero incerto.
Con il senno di poi, è sempre facile parlare, ma allo stesso tempo è giusto analizzare un paio di aspetti “poco consoni” relativi a questa lunghissima, estenuante e vana trattativa; in primis la concessione della cosiddetta “esclusiva” al tycoon americano; un gruppo di professionisti occupati a trattare per la vendita di un pacchetto azionario NON può non avere un piano di riserva, il famoso “piano B” che SIGI ha sempre dichiarato di avere, ma stando ai fatti, attualmente sembra davvero non esserci.
È impossibile che professionisti del genere si facciano abbindolare dalle chiacchere provenienti da oltre oceano, attraverso le quali si manifestano sentimenti di amore e affetto per squadra, tifoseria e città; scordiamoci le figure di presidenti alla Angelo Massimino, perché purtroppo nel calcio di oggi è diventato tutto un business, non esistono più presidenti innamorati della propria squadra poiché tutto ruota attorno alle entrate economiche.
Ferraù non è il solo ad averci creduto, una città intera aveva incominciato a fantasticare, a sognare in grande, dato che il tutto sembrava divenire realtà anche “a causa” di festeggiamenti, proclamazioni e parate. Si tratta di un altro atteggiamento “poco consono” che rimanda ad eventi di qualche anno fa, in cui si festeggiava la promozione in Serie B, tra l’altro mai ottenuta. Quasi come se non fosse cambiato nulla, rispettando fedelmente il famoso detto: “il lupo perde il pelo ma non il vizio”, quasi come se la lezione di qualche tempo fa non fosse bastata e si continui imperterriti a commettere gli stessi errori.
Forse, sarebbe stato meglio rispettare un altro detto: “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, evitando proclami e celebrazioni varie. Forse sarebbe stato meglio mantenere il silenzio, perché si sa, le grandi trattative si realizzano a fari spenti.
(Foto: MFSport.net)