Quante volte abbiamo attribuito al “fattore psicologico” una sconfitta? E quante altre abbiamo additato l’allenatore di turno per un atteggiamento troppo rinunciatario in campo dovuto “all’approccio psicologico” alla gara? Per non parlare di quei giocatori, lungodegenti, che tornano in campo dopo mesi di infortunio e giocano col freno a mano tirato per timore di recidive.
Altri, poi, senza una apparente motivazione valida, giustificata da guai muscolari, tendinei o quant’altro, spariscono dalla circolazione per diverso tempo e poi tornano in campo ammettendo di aver sofferto di depressione, di stati d’ansia e/o di panico.
Per questo “Catania Mood” ha pensato di introdurre un’interessante analisi psicologica, condotta dallo Psicologo dottor Michele Torrisi, esperto in neuropsicologia e ricercatore sanitario presso IRCCS centro neurolesi “Bonino Pulejo” di Messina, ma catanese DOC e grande tifoso dei colori rossazzurri.
Riscattare la sconfitta interna contro la Paganese. Questo è l’imperativo in casa Catania ma non è la prima volta che i rossazzurri incappano in una sconfitta interna (la settima in campionato). Ci spiega quale potrebbe essere il problema dal punto di vista psicologico? Perché all’improvviso, e con l’appoggio del pubblico, il “Massimino” non è più una roccaforte?
“Siamo in una situazione in cui il fattore campo, ormai, è come se non esistesse più. Giocare fuori casa o in casa non è particolarmente differente. Questo è stato causato un po’ dalla pandemia, perché ne è dipesa l’assenza del pubblico allo stadio, una situazione alla quale ormai tutti i giocatori si sono abituati ma riguarda tutte le squadre. Nel caso del Catania vuoi per le restrizioni, vuoi per la disaffezione di gran parte del pubblico, allo stadio vanno poche persone e mi pare di capire che il tifo non sia acceso come prima e non è una colpa è assolutamente comprensibile, c’è meno tifo, meno supporto, meno caciara.
Il pubblico è sfiduciato, demotivato, bisogna comprenderlo. Secondo me è successo questo e si vede anche dal fatto che la squadra ha vinto spesso fuori mentre una caratteristica negativa del Catania era perdere in trasferta nel recente passato, vinceva pochissimo. Il fatto che stia vincendo spesso fuori, a dispetto del “Massimino” roccaforte come un tempo, è una conferma di ciò che ho asserito poc’anzi”.
Concentriamoci sui singoli. Le faccio due nomi: Moro e Sipos, il bomber a secco da qualche settimana e il rincalzo che vorrebbe diventare di lusso a suon di gol ma che anche quando è stato chiamato in causa ultimamente, forse in disistima, non è riuscito a incidere. Di cosa hanno bisogno i nostri due attaccanti per tornare in auge?
“Per quanto riguarda Moro dico semplicemente che tutti i calciatori del Catania stanno accusando una flessione naturale. Ritengo che questa flessione in Moro ci sarebbe stata comunque anche senza i problemi societari che patisce il club. Moro sa benissimo che l’anno prossimo giocherà in un’altra squadra (nel Sassuolo in Serie A, ndr), e sa che deve fare bene.
Si tratta di flessioni fisiologiche che capitano anche a campioni affermati: quando si segna tanto c’è sempre un periodo di stasi, anche psicologica, cioè impegno, freddezza sotto porta, attenzione in campo, è più che normale. C’è anche da dire che si parla di qualche settimana, non sono passati due mesi. Sipos? Mi permetto di dire che è in linea con il suo rendimento standard, non vedo molte differenze rispetto al passato”.