In prossimità della fatidica data del 4 Marzo, abbiamo sentito l’avvocato Lorenzo Pucci. Amico della redazione di Catania Mood, l’avvocato ha espresso il suo punto di vista su alcune tematiche inerenti l’asta competitiva, ma non solo. Risposte esaudienti che chiariscono alcuni punti ancora poco chiari, come l’intricata questione legata al centro sportivo di Torre del Grifo.
Buona lettura.
Buongiorno avvocato, innanzitutto grazie per aver accettato il nostro invito. Come sta?
“Buongiorno a voi e grazie dell’invito. Sono in ansia per le sorti del nostro amato Catania ed in trepida attesa di conoscere l’esito del secondo esperimento d’asta del 4 marzo”.
Ancora qualche giorno e scopriremo se qualcuno si presenterà all’asta o meno. Quali sono le sue sensazioni?
“Per adesso solo una ridda di voci si rincorrono alla ricerca di probabili investitori che scommettano sul Catania e presentino una concreta offerta all’asta stessa. Nella malaugurata ipotesi che nessuno si presenti all’asta bisogna vedere se questo Catania concluderà qui il suo percorso o se i Curatori riusciranno a garantire – quanto meno – la conclusione del campionato”.
Ad oggi, valutando tutto il contesto, per lei è più opportuno mantenere la C o ripartire da zero dalla Serie D?
“Mantenere questa Serie C comporta un dispendio di energie economiche incredibili, perché non puoi contare né su introiti televisivi, né su incassi dai botteghini che, negli ultimi anni hanno registrato – ahimè – un lento ma inesorabile distacco della maggior parte di coloro che frequentavano lo stadio. Per fare una Serie D e vincerla sento che occorrano circa due milioni di euro; il Palermo salì grazie alla sospensione causa Covid-19, perché il Savoia lo tallonava ad un certo punto. Io ho visto dal vivo quasi tutte le partite e mentre fino ad un paio di anni fa ero abbonato in Curva Sud, ora sono un girovago dello stadio e non posso non constatare un allontanamento della maggior parte dei tifosi. Quindi quali certezze avremmo di salire dalla D? Ed i tifosi aspetterebbero ancora?”.
In queste ultime settimane, insieme al possibile compratore Benedetto Mancini, si sono rivisti dei soci SIGI. Legalmente, è possibile che possano fare parte di una nuova proprietà dopo esser stati protagonisti del fallimento dello scorso 22 dicembre?
“Riguardo ai soci SIGI, ciascuno di essi sarà sicuramente bravo nella propria azienda e/o professione, ma nel calcio di oggi non si improvvisa nulla ed hanno dimostrato poca dimestichezza con il mondo del calcio in generale. Mentre laddove vi erano uomini di calcio veri, vedi Maurizio Pellegrino, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Per alcuni di essi mi pare vi sia l’impossibilità tecnica di far parte di una nuova costituenda società Calcio Catania, per altri sarebbe forse opportuno non figurare. Ma chissà che ne sarà. Seguo il Catania da 40 anni e non riesco ad immaginare di doverne fare a meno. Speriamo in un miracolo”.
Ritiene che l’assenza del centro sportivo Torre del Grifo possa influire sulla presenza di alcuni soggetti o, eventualmente, su una nuova asta deserta?
“Torre del Grifo è una struttura talmente complessa che già se fai la Serie B fatichi a mantenerla figurarsi in C o in D. Gli oneri tributari con il Comune (IMU, TARi e via dicendo sfiorano i 350.000 euro annui), utenze idriche, elettriche, manutenzione ordinaria e straordinaria, dipendenti, istruttori e via discorrendo, hanno un costo che difficilmente una squadra di terza serie può sostenere.
Quando Lo Monaco fece edificare Torre del Grifo, il Catania navigava serenamente in Serie A, aveva un grosso bacino di utenza sia fisica che televisiva (Sky registrò uno dei più alti numeri di disdette quando il Catania precipitò), gli introiti lordi si aggiravano complessivamente sui 100 milioni di euro ed in quelle condizioni, come Lo Monaco disse “solo un pazzo poteva far fallire il Catania…”. Poi, quando il Presidente Pulvirenti – che sono convinto abbia sbagliato per amore del Catania – chiamò alla sua corte Cosentino, cominciammo ad infilarci in un tunnel; comprammo giocatori che non pagavamo, sanzioni dall’UEFA, prendemmo un preparatore (Ventrone) dal passato illustre, comprammo la macchina del ghiaccio ma registrammo la più alta percentuale di infortuni muscolari della storia. Retrocessione, “treni del gol” e poi il rientro di Pietro Lo Monaco che provò a fare la squadra per vincere il campionato, unico – anche secondo me – modo per tentare di ripianare la voragine debitoria in cui il Catania era stato cacciato.
Purtroppo non riuscimmo nel salto di categoria, perdendo – se non ricordo male – ben due semifinali e così i debiti ci hanno definitivamente sopraffatti. Esistono creditori di ogni genere, da quelli noti istituzionali, anche come gestori utenze a semplici fornitori di beni di altro genere e poi il mutuo di Torre del Grifo. Si dibatte se la circostanza che Torre del Grifo non sia stata inserita nel bando abbia rappresentato un freno e/o un impedimento a potenziali investitori. Innanzitutto, Torre del Grifo rappresenta forse l’unica fetta di massa attiva fallimentare dalla quale, una volta che il Credito Sportivo avrà soddisfatto il proprio mutuo ipotecario, potranno attingere, sempre che residui qualcosa, tutti gli altri creditori chirografari. La maggior parte dei creditori corre il concreto rischio di vedere vanificate le proprie aspettative di ristoro del proprio credito. La perizia dei consulenti fallimentari traccia un quadro apocalittico ma al tempo stesso preciso e dettagliato. Chi volesse comprare questo Catania, deve spendere 500.000 euro per il prezzo minimo d’asta, quasi tre milioni di debiti sportivi, portare a termine la presente stagione (stimato dai CTU un costo mensile di €300.000 mila), pagare la fideiussione alla FIGC e programmare una Serie C a vincere.
Se non ho fatto male i calcoli, quindi, solo per la stagione in corso, l’aggiudicatario da qui a fine stagione sportiva dovrebbe sborsare circa 5 milioni di euro. Ma il gioco vale la candela? Ormai il calcio è solo business, inutile pensare al romanticismo di un tempo dei presidenti che non ci sono più. L’occasione perduta sia quella di Tacopina che se avesse aspettato qualche mese avrebbe potuto acquistare alle sue condizioni. Ma – bando alla storia dell’arancino e della granita – lui è e resta un uomo d’affari.
Pensavano davvero di fargli la “sola” qui a Catania. Ma si sa, noi catanesi “semu spetti”. Tornando a Torre del Grifo ritengo sia lo specchietto per le allodole per gli investitori, ma che non sia inserito nel bando non significa che non possano sedersi dopo a tavolino con il Credito Sportivo, sempre che non venga disperso nel frattempo. Sono andato a Torre del Grifo il pomeriggio della partita con la Paganese convinto di poter acquistare il biglietto al Catania Point ed invece tutto deserto; c’eravamo solo io e tre ragazzi anch’essi alla ricerca del biglietto ed il portinaio alla sbarra. Una cattedrale nel deserto, ma non riesco ad immaginare un Catania senza di esso”.