Partiamo da un dato inconfutabile: “Benedetto” e “Pellegrino” sono lemmi appartenenti entrambi alla sfera del credo religioso. L’uno beatificato per le sue virtù salvifiche, l’altro per l’incrollabile pia fede. Su Maurizio, scrollandoci di dosso la patina di blasfemia attraverso l’artifizio dell’ironia redentrice, non nutriamo dubbi: passione verace la sua, quella per i colori rossazzurri, un adepto esemplare, non c’è che dire, un “Pellegrino” devoto perennemente in viaggio verso la dimora del suo cuore: Catania.
E’ su Mancini che legittimi dubbi sovvengono, albergando le nostre menti (per qualcuno contorte, ma sono punti di vista). Di “salvifico”, che a ragion veduta giustificherebbe il “Benedetto”, ci sono i 510mila euro di capitale versato per soddisfare il requisito principale del bando d’asta competitiva. Ok, esistiamo grazie a Mancini: che sia “Benedetto”! Il tergiversare sulla provenienza del capitale con cui intende avviare un corposo piano industriale ci lascia alquanto perplessi quanto l’intangibilità dei suoi possedimenti finanziari. Non siamo sospettosi, siamo realisti; non siamo maliziosi, siamo guardinghi.
Vogliamo fare i conti in tasca a Mancini? Sì, certo che vogliamo! Un imprenditore dal passato lugubre, che al terzo “ritenta sarai più fortunato”, si aggiudica l’asta, vince sorrisi, strette di mano in Tribuna Vip, i soliti teatrini del capo chino, inguaribilmente catanesi, di una parte di stampa, addetti ai lavori, politici e parte di tifosi che lo venerano come un dio abbracciando il compromesso (“meglio vivi che in D”) come un successo.
Al processo dell’8 aprile, che vede Mancini tra i 38 indagati, penserà il giudice incaricato. Non ci intendiamo di toghe, a stento sappiamo come indossare una maglia del Catania 1946 Matricola 11700, l’unica ancora esistente fino a oggi oltre il fallimento, senza sgualcirla. Sarebbe intellettualmente scorretto condannare qualcuno per le malefatte del passato, alcune ancora da giudicare, lungi da noi. Certo, la stanchezza incombe ormai da un anno e mezzo, dai proclami per il passaggio a Joe Tacopina, ufficializzato ad muzzum (che non è un latinismo ma ci appelliamo alla “licenza spoetizzante”) il 16 gennaio 2021, al fallimento del 22 dicembre 2022, fino alle aste sahariane.
I più distratti, stigmatizziamoli così su, ci tacceranno ancora una volta di disfattismo come ai tempi del “matricolismo” che ora, in troppi, sembrano aver dimenticato soprassedendo anche sulle proprie convinzioni. Be’, qualche “like” in meno sulla pagina e qualche commento da censura non solo non scalfiranno le nostre di convinzioni (perché se sono tali vanno imbracciate come armi a tutela della propria coerenza), ma ci daranno ulteriore forza per portare avanti le nostre idee, giuste o sbagliate che siano.
Benedetto Mancini rappresenta un’incognita e siamo certi di non poter essere smentiti. Non c’entrano né il Latina né il Rieti né il processo, c’entra l’onestà intellettuale. Lo conosciamo? No. Ha avuto altre società di calcio per almeno 2-3 anni cui poter fare riferimento per abbozzare ipotesi? No. Siamo a conoscenza dei suoi affari? No. Quindi siamo in grado di affermare che ottempererà alla garanzia fideiussoria presso gli uffici della FIGC per i pagamenti ai tesserati, alla retribuzione di tutto il personale, e ai passaggi burocratici di giugno? No, almeno finché non ci smentirà con nostra grande felicità, solo così impareremo a fidarci di questo omone dallo sguardo scaltro e dal sorriso ammaliante.
Le cifre che al momento possono permettere un rilancio immediato dell’Fc Catania 1946, considerando anche un calciomercato di prim’ordine questa estate, non sono inferiori ai 12-15 milioni di euro. Noi vorremmo che ce li sbattesse in faccia, a monete da 1 o 2, perché metallici fanno male; noi vorremmo essere smentiti dai fatti, da oggi 19 marzo 2022 al 19 marzo del 2027 se il piano dovesse essere quinquennale; a quel punto se si chiamasse Mancini, Gaucci, Pulvirenti, Zù Saro o Mastru Fulippu, con tutto il rispetto per gli uomini, per noi avrebbe poca importanza. I presidenti passano, i giocatori e gli allenatori pure, solo i tifosi restano sperando di accomunarci tutti sotto la stessa bandiera, senza musi duri, senza divergenze di veduta e pareri contrastanti.
Ma che ce ne fregherà, in tal caso, di conoscere tutto sui suoi conti in Bulgaria o alle Seychelles? L’importante è che siano a posto quelli del Catania 1946, figlio legittimo del C.C. Catania, stesso anno identificativo, diverso numero di matricola identitario, medesimo amore. E’ sangue del nostro sangue, solo del nostro. Ergo, senza entusiasmarci oltremisura né condannare ad priorem dovremmo limitarci a una strategia attendista, come quando si affronta la prima in classifica e non si vuol perdere, o dopo l’1-0 quando si vuole portare a casa il bottino pieno dei tre punti. Vincere signori! E’ solo questo che vogliamo in fondo.
(Fonte immagine: La Sicilia)