La situazione societaria del Catania ha un’eco nazionale, la stampa ne riferisce quotidianamente, si tratta di una vicenda che ha del grottesco: il Tribunale, poco fa, ha trovato il coraggio di emettere una sentenza, dolorosa per i tifosi ma legalmente ineluttabile, senza più trincerarsi dietro le beghe burocratiche e le decisioni collegiali che richiedono un surplus di tempo: Benedetto Mancini è inadempiente, la trattativa per la cessione d’azienda del ramo sportivo del Calcio Catania è ufficialmente decaduta.
La sensazione, dall’esterno, era che i tre curatori venissero posizionati e riposizionati a piacimento da chi muoveva le fila, cercando di tendere una mano, e anche tutto il braccio, a Benedetto Mancini pur di consegnargli il Catania e accontentare chi ordiva la trama spettrale direttamente dall’Ade sigista, con un’alba dei morti viventi che nessuno sotto l’Etna, avrebbe voluto rivivere.
Si stagliava all’orizzonte uno scenario infernale, eluso proprio sul finale. Chi ha commesso errori madornali, che ci sono costati 75 anni di storia, dovrebbe figurare al massimo nell’album dei cattivi ricordi non certo nei diari della nuova stagione scolastica, 2022/2023. E invece queste agghiaccianti figure mitologiche, per metà uomini e per metà giustizieri, si riaffacciavano, di tanto in tanto, come barche tra le onde nel mare in tempesta. Comparivano e scomparivano, pur rimanendo sempre lì a cavalcare l’onda immaginaria che li avrebbe condotti fino al “Mar di Mascalucia”, che bagna idealmente Torre del Grifo, verso quel sentiero un tempo rigoglioso, ora frondoso, con le ruspe dentro da giorni per virtù dello Spirto Santo, per riportarlo all’antica sembianza di elegante radura.
Una situazione inaccettabile per chi, davvero, ama il Catania. Rispettare le leggi, i cittadini catanesi, i tifosi, gli avversari, la madre e il padre. Ci mitragliano la parola “rispetto” dalla prima elementare, forse pure dall’asilo, ma nessuno ce ne spiega davvero il significato, dando per scontato che lo padroneggiamo in maniera innata. Cosa significa davvero rispetto? E noi tifosi chi dovremmo rispettare e perché? E poi, a noi, chi ci rispetta? E in che modo?
La Treccani scrive: rispetto: Sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso affettuosa, verso una persona. Quindi, ricapitolando: “riguardo”, “stima”, “deferenza“. Come possiamo essere riguardosi verso chi ci ha affossati? Ok, il 23 luglio del 2020: ” Ah se non era per SIGI…!”. Ma il problema è che l’8 aprile 2022 è disumano stare ancora qui a parlarne! Grazie di averci salvato per poi affossarci! E’ un po’ come se un killer volesse fregiarsi del titolo di “assassino” sottraendo una vittima predestinata a un altro killer per il puro e sadico piacere di giustiziarla con le proprie mani.
“Stima”? E perché mai? Per cosa? Sempre per la storia del salvataggio a luglio di 2 anni fa? Si vede che il problema maggiore di SIGI è stato la programmazione. Adagiarsi sugli allori nel calcio serve solo a suicidarsi prima e meglio. Si dà il caso che la “progettualità”, questo oggetto sconosciuto, imponga di guardare sempre avanti. AVANTI! Per cui non tediateci oltremodo con la storia della “stima per quanto fatto”, perché nel calcio anche la vittoria di una finale di Champions League viene archiviata il giorno dopo e si inizia a programmare la stagione successiva.
“Deferenza”? Eh no! Definizione Treccani: “Rispetto ossequioso e condiscendente dimostrato con atti o con parole a persona ritenuta superiore per grado, funzione, autorità, o anche soltanto di maggiore età e esperienza”. La rovina del calcio, ciò che si è verificato a Catania anche da parte della stampa e nella totale assenza delle istituzioni: atteggiamento ossequioso, condiscendente, quell’esecrabile prostrarsi! Ma basta! Ci riferiamo a SIGI, causa “fantasmi” ma, nondimeno, ogni riferimento è applicabile a chi si è affacciato maldestramente al Catania oggi, ossia al signor Benedetto Mancini che si è rivelato un millantatore professionista e seriale. Mai più gente così!
Non ri-sprofonderemo mai, speriamo, in simili cadute di stile. Si può sbagliare una volta, ma perseverare resta diabolico proprio come chi abita gli inferi. Catania merita rinnovamento assoluto, recisione del cordone ombelicale che la lega a un recente passato torbido e persone capaci, abbienti e volenterose, al di là della categoria, che sia B, C, o D. Per tutti gli altri non c’è e non ci sarà mai spazio a Catania se non per un battito di ciglia.
E’ stato così per SIGI, per qualcuno la parentesi si è rivelata più duratura (vedi i fasti di Pulvirenti e Lo Monaco e la caduta, in proporzione, ancora più fragorosa), ma il finale lo perpetrerà sempre un’abile parrucchiera esperta nello scioglimento di nodi, munendosi di un pettine dai denti aguzzi, infallibile nel districare, marca “Tempo”.
Catania deve rifiorire. Lo sa il sindaco, lo sa chi deve fare calcio nella nostra città. Per riuscirci non si può prescindere da persone capaci, trasparenti, creative, innovative, che facciano business! Il calcio romantico non esiste più, non pensiamo ai Massimino di turno, cerchiamo di crescere anche noi insieme alla città.
(foto: artribune.com)